Pregare in piccolo. Miniature comasche del Rinascimento in un Libro d’Ore ritrovato, tra devozione, arte e cultura

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A cura di: Franco Minonzio
Data di Pubblicazione: 2016
Pagine: 7-236

Testi di Adriano Prosperi, Pier Luigi Mulas, Magda Noseda, Franco Minonzio

La riemersione dal mercato antiquario di un inedito libro d’ore miniato in pergamena, di produzione comasca, del tardo ‘400 è, già di per sé, un evento raro. Tuttavia la singolarità del codice Manfredi, del cui pregio artistico il volume Pregare in piccolo offre ricchissima attestazione, risiede anche, e principalmente, altrove. Innanzitutto nella liberalità del proprietario del codice, Dott. Gianfranco Manfredi: egli ha inteso condividere un bene prezioso del quale si considera solo un custode pro tempore, e lo ha reso disponibile ad una edizione che ha voluto impreziosita dall’indagine critica e iconologica, in una misura corrispondente al valore del codice e alla sua importanza storico-culturale. Il manoscritto è precocissima (1480 ca.) testimonianza del culto di San Simonino, il bimbo il cui corpo martoriato fu ripescato in una roggia a Trento nel 1475, alcuni giorni prima di Pasqua, e del cui sacrificio rituale furono accusati gli ebrei di quella città. Evento che originò una violenta reazione antiebraica, nella quale tradizione colta e devozione popolare si trovarono a convergere, svolgendo una narrazione nella quale parole e immagini cooperarono attivamente. Come scrive Adriano Prosperi, «l’apparizione di un San Simonino in un libro d’ore del tardo ‘400 rappresenta un caso eccezionale e forse unico nella storia del culto dei santi» poiché in questa circostanza, seguendo un percorso nuovo nell’agiografia cristiana, si passò «da una lunga tradizione di santità promosse dalla devozione popolare e dalla predicazione degli ordini religiosi a quella di santi promossi da campagne di stampa». Ma l’indagine portata in questo volume sul codice Manfredi segna un approfondimento (il tempo dirà se profondo e duraturo) anche nello studio dell’identità culturale di Como nell’ultimo quarto del secolo XV. Il codice Manfredi, espressione e segnacolo di una cultura d’élite, si colloca in un contesto culturale complesso, nel quale si registra, sulla scorta della dinamizzazione della vita economica, una diffusa, «aspirazione ad una vita più bella», come la definisce Johan Huizinga. É un contesto plasmato in Como e nel suo territorio, nella seconda metà del XV secolo,  da laicizzazione del sapere e più intensa circolazione di uomini e di libri, Tra l’ultimo scorcio del secolo XV e il primo terzo del XVI si registra a Como una vivace fioritura umanistica, e l’emergere di un numero relativamente elevato di giovani intellettuali dotati di una cultura greca e latina di prim’ordine, del possesso di una formazione retorico-grammaticale che li predispone ad un felice approccio all’apprendimento universitario, e li avvia a carriere per più versi prestigiose. É la generazione troviamo agevole identificare nei nomi dei Giovio, Benedetto e Paolo, senza scordare quello del precoce Giulio, del non meno precoce Andrea Alciato, di Francesco Cigalini, di Francesco Minizio Calvo e del fratello Andrea (né del tutto trascurabile sarà, nei suoi interessi storici, il pur tanto diverso, e assai meno filologicamente versato, Francesco Muralto). Ex nihilo nihil: così è legittimo chiedersi quale sia il presupposto storico-culturale di tale emersione di individualità, e dell’infittirsi di testimonianze che s’addensano un poco prima, e un poco dopo, fine secolo. Così sono stati esplorati episodi chiave: dal passaggio in città di maestri quali Francesco Filelfo, all’insediamento, di breve durata, della stampa a caratteri mobili, da una più intensa circolazione di uomini e libri nel territorio attestata da Protasio Porro, alla attivazione di una scuola di grammatica, quella di Teodoro Lucino, che  – nel solco di una tradizione familiare – fu in grado di adattare le istanze didattiche umanistiche, prolungando la dimensione orale nella pubblicazione di un  Moralium dictorum isagogicus libellus (1493), rarissimo incunabolo, che attirò già l’attenzione di Carlo Dionisotti, alla ricerca di punti di confronto per la pratica leonardesca del volgare.

Recensione in Rivista di storia della miniatura

Recensione in “Archivi di Lecco e della Provincia” – Anno XXXIX – n. 2 – dicembre 2016, pp. 129-130